Agli Uffizi tris di nuove sale con i dipinti di Andrea del Sarto
(Adnkronos) – Un tris di nuove sale ricche di capolavori, al secondo piano della Galleria degli Uffizi, per raccontare la poliedrica maestria di Andrea del Sarto, Fra Bartolomeo e la cerchia di pittori attivi a Firenze nel primo ventennio del Cinquecento. Gli spazi inaugurati oggi, nei quali sono accolte 25 opere, si trovano alla fine del Terzo Corridoio e ne concludono, cronologicamente, la narrazione storico-pittorica. 'La Visione di san Bernardo' di Fra Bartolomeo, eseguita nei primissimi anni del Cinquecento, è il cuore della prima sala: viene posta in dialogo con la 'Visitazione' di Mariotto Albertinelli (1503), che è posizionata di fronte. Mariotto fu il pittore con il quale Fra Bartolomeo condivise la bottega per molti anni prima di prendere i voti e che come lui amava le composizioni solenni e quiete, caratterizzate da semplicità, schiettezza espressiva, paesaggi ampi e luminosi. La stanza successiva è dedicata interamente ad Andrea del Sarto, massimo protagonista della scena fiorentina del secondo e terzo decennio del secolo (fino alla morte, avvenuta nel 1530). Qui sono raccolte le sue opere di grandi dimensioni, destinate originariamente ad altari di chiese e confraternite, che illustrano praticamente ogni fase dell’attività del pittore. Baricentro della sala è la monumentale Madonna delle Arpie, che occupa la parete di fondo. Datata 1517, quindi nella prima maturità di Andrea del Sarto, la tavola è un capolavoro di equilibrio stilistico, di perfezione formale, armonia dei colori. Proveniente dalla chiesa di San Francesco dei Macci a Firenze, fa comprendere cosa intendesse Giorgio Vasari quando nelle sue 'Vite' dei pittori parla del Sarto come del 'pittore senza errori', e al contempo perché la fortuna di questo artista, fosse guardato a Firenze come un punto di riferimento fino al pieno Seicento. L'ultimo ambiente, alla fine del Terzo Corridoio, è concepito per restituire l'idea di quanto fosse variegato e all'avanguardia il panorama artistico della città nei primi due decenni del secolo. La sala offre alla visione del pubblico opere di Franciabigio, grande amico di Andrea del Sarto, col quale collaborò in più occasioni (gli affreschi del Chiostrino dei Voti alla Santissima Annunziata e quelli del Chiostro dello Scalzo), e che rappresenta una sensibilità più introspettiva ed un tono più domestico e quotidiano della pittura. Di Franciabigio è di nuovo esposta, dopo sei anni di assenza, la Pala di San Giobbe, datata 1516 e proveniente dalla cappella della Compagnia di San Giobbe presso la Santissima Annunziata. Accanto vi si possono ammirare i lavori Alonso Berruguete, uno dei pittori spagnoli venuti in Italia intorno al 1508 per studiare le opere di Michelangelo e Raffaello (nonché i reperti della Roma antica), del senese Domenico Beccafumi e di Domenico Puligo. Tra le novità del nuovo allestimento ha poi particolare rilievo la scelta di riunire insieme quattro pannelli che facevano parte della Camera Borgherini, cioè un ciclo di pitture progettate per servire da decorazione agli arredi e alle pareti di una stanza da letto matrimoniale allestita nel palazzo della famiglia Borgherini, potenti banchieri fiorentini. Di questo insieme, al quale lavorarono Andrea del Sarto, Pontormo, Francesco Granacci ed altri e che comprendeva letto, spalliere, seggiole, cassoni, sopravvivono oggi quindici tavole di diverse dimensioni, suddivise tra National Gallery di Londra, Galleria Borghese di Roma, Galleria degli Uffizi e Galleria Palatina. Da oggi i dipinti degli Uffizi e della Palatina tornano insieme per mostrarne, sia pur solo in parte, l’aspetto complessivo originario, oltre che per esaltarne l’importanza nella pittura fiorentina del tempo. "Queste tre nuove sale – ha spiegato il direttore degli Uffizi, Somone Verde – permettono di contestualizzare le sale Leonardo, Michelangelo e Raffaello al secondo piano della Galleria, ricostruendo la ricchezza e la vivacità della pittura fiorentina del primo ventennio del Cinquecento, per mostrare plasticamente quanto l'eccelso esempio di da Vinci, Buonarroti e Sanzio abbia ispirato e guidato nel loro esercizio creativo e stilistico gli artisti toscani agli albori del Sedicesimo secolo. Quelli esposti negli spazi inaugurati oggi sono tutti veri e propri maestri, capaci di esprimere, ciascuno secondo la propria personalità, un ingegno pittorico notevolissimo, oltre che di fondamentale importanza per la storia dell'arte". La curatrice della Pittura del Cinquecento degli Uffizi, Anna Bisceglia, ha sottolineato: "In questo allestimento abbiamo inteso restituire, in un solo colpo d’occhio, e in una sequenza organica, quale ricchezza numerica e qualitativa Firenze seppe esprimere attraverso i molti artisti che si mossero in quel ventennio così straordinario sul fronte artistico. Abbiamo spiegato come nei primissimi anni del secolo Fra Bartolomeo abbia saputo dare una dimensione più monumentale e classica alla tradizione precedente, e come Andrea del Sarto abbia colto quell’esempio e quello di Michelangelo, Raffaello e Leonardo per la sua pittura perfetta ed equilibrata, tale che Vasari lo definì ‘il pittore senza errori’. E, accanto a loro, ci furono altri pittori non meno importanti che seppero sfruttare la lezione e gli esempi di Michelangelo e Raffaello ciascuno proponendo una visione personale nella rappresentazione della figura umana, delle emozioni, del sacro, o delle storie antiche". L'originale esperienza creativa di questi artisti animò la vita culturale fiorentina nelle decadi iniziali del Sedicesimo secolo, contribuendo in modo determinante allo sviluppo, ben oltre i confini cittadini toscani, della 'maniera moderna', cioè la fase più matura del Rinascimento; e furono proprio Fra Bartolomeo e Andrea del Sarto i protagonisti principali di questa fase così feconda. Fra Bartolomeo è figura di passaggio tra la cultura fiorentina di tardo Quattrocento, rappresentata dai fratelli Ghirlandaio, da Piero di Cosimo, da Botticelli e da Perugino, e le proposte dei più giovani e brillanti ingegni di Michelangelo e Raffaello i quali, anche facendo tesoro delle ricerche sulla luce e sui moti dell'anima di Leonardo, rivoluzionano il modo di intendere la rappresentazione, la figura umana e il paesaggio. Con la sua profonda spiritualità e la monumentalità classica delle composizioni, Fra Bartolomeo fa da apripista al giovane Raffaello Sanzio, che giungeva giovanissimo nel 1503 a Firenze. Il frate fu a capo di una importante bottega nel convento di San Marco, la cui sua influenza arrivò fino a oltre la metà del secolo anche grazie alla conservazione e alla trasmissione dei modelli grafici del maestro alle generazioni successive. (di Paolo Martini) —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)