Balbuzie per 1 mln italiani, rischio ‘voice shaming’

(Adnkronos) – In termini medici si chiama 'disturbo della fluenza verbale', ma tutti lo conosciamo come balbuzie, problema del linguaggio che in Italia riguarda circa 1 milione di persone, in maggioranza maschi, e i cui primi sintomi si osservano in media intorno ai 3 anni di vita. Nell’88% dei casi regredisce naturalmente entro i 6 anni di età, ma quando ciò non accade, il disturbo può avere diverse ripercussioni psicologiche, fatte di frustrazione, vergogna, paura e bassa autostima. Chi ne è colpito, inoltre, è spesso vittima di 'voice shaming', discriminazione che soprattutto in età scolare degenera in atti di bullismo: secondo la letteratura internazionale, infatti, i balbuzienti sono tre volte più a rischio di discriminazioni e bullismo rispetto ai loro coetanei, e il 70% di essi dichiara di aver perso almeno un’occasione di impiego o di promozione a causa del disturbo legato alla propria voce. A questo tema è dedicata la Giornata internazionale della sensibilizzazione alla balbuzie che si celebra il 22 ottobre.  Sul fenomeno del 'voice shaming' accende i fari un Osservatorio ad hoc, realizzato dall'associazione Vivavoce, primo progetto in Italia nato "con l'intento di indagare il fenomeno divenire un punto di osservazione autorevole su tutto l’universo della voce e delle problematiche o discriminazioni ad essa connesse, per prevenire discriminazioni e bullismo e promuovere una cultura più inclusiva verso chi soffre di questi disturbi", riferisce l'associaizone che presenterà l'inziaitiva mercoledì 18 ottobre a Palazzo Pirelli, a Milano.  
Ma cos'è esattamente la balbuzie? "Il disturbo deriva da una difficoltà di respirazione che è collegata a uno stato di ansia – spiega Dora Siervo, psicoterapeuta specialista della cura della balbuzie in Humanitas Medical Care di Bergamo – la persona che soffre di balbuzie fa fatica a respirare in maniera adeguata e quindi va in apnea, occlude le corde vocali e non riesce a far uscire il suono in modo fluente. Una condizione capace di generare un ulteriore aumento dell’ansia, dovuto al fatto che la persona si rende conto della difficoltà in cui si trova e prova un disagio emotivo e psicologico che diviene ancor più marcato in situazioni contraddistinte da estesa socialità, come quelle proprie dell’ambito scolastico, lavorativo, sportivo", spiega l'esperta sul sito dell'Humanitas. 
Quali sono i campanelli di allarme e cosa possono fare i genitori per capire se si tratta di balbuzie? "Per arrivare a una diagnosi definitiva bisogna aspettare almeno i 6 anni di vita. Ma fra i 3 e i 6 anni, nel caso in cui ci sia un sospetto – spiega ancora la specialista – può comunque essere utile sottoporre il bambino a visite otorinolaringoiatriche ripetute negli anni, attraverso le quali valutare se è in atto un’evoluzione o un’involuzione della problematica. Utile è anche la visita fatta dal pediatra, che conosce il bambino fin dalla nascita, e da uno specialista psicoterapeuta, che sappia dare indicazioni sulle modalità di respirazione da adottare, attraverso insegnamenti che, nei primi anni di età, devono essere impostati sul gioco. Con l’attività ludica è infatti possibile insegnare ai più piccoli tecniche e trucchi per respirare in modo corretto e rilassato, condizione necessaria per evitare gli stati di ansia che sono alla base della balbuzie". Di norma il trattamento è differente in relazione all’età del soggetto e agli obiettivi da raggiungere, dunque con un approccio multidisciplinare, integrato e personalizzato, che coinvolge esperti e diversi altri attori, dal logopedista allo psicologo, ma anche insegnanti e genitori, che possono svolgere ruolo importante.  L'associazione 'Vivavoce' ha inoltre messo a punto una lista di falsi miti sulla balbuzie e su chi ne soffre:
 1) Chi balbetta è ansioso e timido Chi balbetta non è necessariamente una persona ansiosa, anche se è vero che chi balbetta spesso vive in uno stato d’ansia significativamente maggiore: si tratta però di un effetto non della causa, in quanto chi balbetta sente con anticipo il blocco ancora prima di parlare e ciò può generare ansia prima della fonazione stessa. nessuno studio ha evidenziato tale relazione, l’insorgenza della balbuzie non è assolutamente associata a tratti caratteriali quali timidezza o ansia sociale. 2) La balbuzie è causata da un trauma infantile La balbuzie è un disturbo complesso che coinvolge diversi fattori dal punto di vista fisiologico, genetico, ambientale, cognitivo, linguistico, emotivo. Eventi traumatici non possono quindi essere la causa della balbuzie, pur giocando un ruolo importante nell'intensificazione del disturbo. Esistono però rari casi di balbuzie psicogena causata da ben più gravi avvenimenti come abusi, disastri naturali o incidenti mortali. 3) La balbuzie è causata dal comportamento dei genitori Spesso la balbuzie è vissuta dai genitori con senso di colpa, come se fosse la conseguenza di un particolare stile educativo da parte del genitore, ma non è così. La balbuzie non è un disturbo a origine psicologica, ma ha cause neurologiche legate al controllo motorio del linguaggio. 4) La balbuzie è causata dall'ansia Chi vive questa difficoltà molto spesso conosce già la situazione o le parole su cui si bloccherà, questo genera in lui naturalmente uno stato di ansia e di stress. Ansia e stress sono perciò conseguenti all’insorgere della balbuzie non ne sono la causa, anche se possono certamente aumentarne l’intensità. 5) La balbuzie è sintomo di minore intelligenza Non ci sono connessioni di alcun genere tra intelligenza e balbuzie. Questo è uno dei falsi miti più pericolosi perché genera pregiudizi e comportamenti discriminatori che possono peggiorare la qualità della vita di chi balbetta, spesso rendendolo vittima anche di Voice shaming. 6) La balbuzie si impara per imitazione La balbuzie non è contagiosa! Numerosi studi hanno confermato invece l’esistenza di una componente genetica. Esiste quindi una familiarità, ma non si tratta di un fenomeno imitativo. 7). La balbuzie passa da sola Nell’88% dei casi la balbuzie scompare da sola entro il 6° anno di vita, si parla in questo caso di remissione naturale, ma nel restante 12% essa si cronicizza e per essere sconfitta necessiterà di un percorso riabilitativo multi-fattoriale che andrà ad agire sulle diverse componenti che influiscono su questo fenomeno cognitivo così complesso. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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