Coronavirus, stop ai droni. Chiarirà l’Enac
Stop, forse temporaneo. Ma sarà l’Enac a dirlo. Il ricorso ai droni per controllare il rispetto delle norme sul coronavirus è durato pochi giorni, neanche una settimana. Oltre l’effetto scenografico ci sono, infatti, aspetti delicati: di sicurezza, di privacy, di equilibri e ordine nel traffico aereo. Da ieri 27 marzo, dunque, stop a questi mezzi per la vigilanza COVID-19. La comunicazione è da partita dal Viminale, dal dipartimento di Pubblica sicurezza guidato da Franco Gabrielli, per le prefetture, i Comandi generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, le altre articolazioni della Polizia di Stato (Stradale, Ferroviaria, Comunicazioni, Reparti speciali, Immigrazione, Anticrimine, Prevenzione). Tutti avvertiti: «Attendere l’esito» scrive in una nota il capo della segreteria del Dipartimento, prefetto Mario Papa, «degli approfondimenti» prima di proseguire. Stop, dunque, ai droni. Il Viminale non nasconde dove sta il problema: a qualche agente di polizia locale, forse preda dell’entusiasmo di un mezzo tutto sommato nuovo rispetto alle pratiche tradizionali, è scappata la mano. Con l’Enac, dunque, il Dipartimento Ps intende arrivare a definire un protocollo comune e garantito, in particolare per «l’utilizzo di mezzi aerei a pilotaggio remoto da parte delle polizie locali».