Covid, l’allarme di Draghi: “A rischio futuro dei giovani”
“In questo susseguirsi di crisi i sussidi che vengono ovunque distribuiti sono una prima forma di vicinanza della società a coloro che sono più colpiti, specialmente a coloro che hanno tante volte provato a reagire. I sussidi servono a sopravvivere, a ripartire. Ai giovani bisogna però dare di più: i sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri”. Lo dice l’ex presidente della Bce Mario Draghi, intervenendo alla cerimonia d’apertura del Meeting di Rimini. “La società nel suo complesso – scandisce l’ex numero 1 dell’Eurotower – non può accettare un mondo senza speranza; ma deve, raccolte tutte le proprie energie, e ritrovato un comune sentire, cercare la strada della ricostruzione”.
“Dodici anni fa la crisi finanziaria provocò la più grande distruzione economica mai vista in periodo di pace. Abbiamo poi avuto in Europa una seconda recessione e un’ulteriore perdita di posti di lavoro. Si sono succedute la crisi dell’euro e la pesante minaccia della depressione e della deflazione. Superammo tutto ciò. Quando la fiducia tornava a consolidarsi e con essa la ripresa economica, siamo stati colpiti ancor più duramente dall’esplosione della pandemia: essa minaccia non solo l’economia, ma anche il tessuto della nostra società, così come l’abbiamo finora conosciuta; diffonde incertezza, penalizza l’occupazione, paralizza i consumi e gli investimenti”, ha aggiunto Draghi.
“L’emergenza e i provvedimenti da essa giustificati non dureranno per sempre – ha detto ancora Draghi -. Ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire. Dobbiamo accettare l’inevitabilità del cambiamento con realismo e, almeno finché non sarà trovato un rimedio, dobbiamo adattare i nostri comportamenti e le nostre politiche”. Ma, ha avvertito Draghi, “non dobbiamo rinnegare i nostri principii. Dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza a quella provocata dalla pandemia e dal cambiamento. Altrimenti finiremo per essere controllati dall’incertezza invece di esser noi a controllarla. Perderemmo la strada”, ha aggiunto.
Come ha ricordato l’ex presidente della Bce, “nelle attuali circostanze il pragmatismo è necessario. Non sappiamo quando sarà scoperto un vaccino, né tantomeno come sarà la realtà allora. Le opinioni sono divise: alcuni ritengono che tutto tornerà come prima, altri vedono l’inizio di un profondo cambiamento. Probabilmente – ha proseguito – la realtà starà nel mezzo: in alcuni settori i cambiamenti non saranno sostanziali; in altri le tecnologie esistenti potranno essere rapidamente adattate. Altri ancora si espanderanno e cresceranno adattandosi alla nuova domanda e ai nuovi comportamenti imposti dalla pandemia. Ma per altri, un ritorno agli stessi livelli operativi che avevano nel periodo prima della pandemia, è improbabile”, ha detto ancora Draghi.
Con la crisi dovuta alla pandemia c’è stato un “aumento drammatico nel numero delle persone private del lavoro che, secondo le prime stime, sarà difficile riassorbire velocemente”. Inoltre, “la chiusura delle scuole e di altri luoghi di apprendimento hanno interrotto percorsi professionali ed educativi” e “hanno approfondito le diseguaglianze“, ha continuato Draghi, che ha poi aggiunto: “La nostra libertà di circolazione, la nostra stessa interazione umana fisica e psicologica sono state sacrificate, interi settori delle nostre economie sono stati chiusi o messi in condizione di non operare”. Come ha detto quindi Draghi, “nel secondo trimestre del 2020 l’economia si è contratta a un tasso paragonabile a quello registrato dai maggiori Paesi durante la seconda guerra mondiale”. Per cui, ha spiegato, “alla distruzione del capitale fisico che caratterizzò l’evento bellico molti accostano oggi il timore di una distruzione del capitale umano di proporzioni senza precedenti dagli anni del conflitto mondiale”.
“Il ritorno alla crescita, una crescita che rispetti l’ambiente e che non umili la persona, è divenuto un imperativo assoluto: perché le politiche economiche oggi perseguite siano sostenibili, per dare sicurezza di reddito specialmente ai più poveri, per rafforzare una coesione sociale resa fragile dall’esperienza della pandemia e dalle difficoltà che l’uscita dalla recessione comporterà nei mesi a venire, per costruire un futuro di cui le nostre società oggi intravedono i contorni”.
L’obiettivo “è impegnativo ma non irraggiungibile se riusciremo a disperdere l’incertezza che oggi aleggia sui nostri Paesi”, ha sottolineato Draghi, aggiungendo: “Il ritorno alla crescita e la sostenibilità delle politiche economiche sono essenziali per rispondere al cambiamento nei desideri delle nostre società; a cominciare da un sistema sanitario dove l’efficienza si misuri anche nella preparazione alle catastrofi di massa. La protezione dell’ambiente, con la riconversione delle nostre industrie e dei nostri stili di vita, è considerata dal 75% delle persone nei 16 maggiori Paesi al primo posto nella risposta dei governi a quello che può essere considerato il più grande disastro sanitario dei nostri tempi”.
Secondo Draghi “la digitalizzazione, imposta dal cambiamento delle nostre abitudini di lavoro, accelerata dalla pandemia, è destinata a rimanere una caratteristica permanente delle nostre società. È divenuta necessità: negli Stati Uniti”, ha aggiunto, “la stima di uno spostamento permanente del lavoro dagli uffici alle abitazioni è oggi del 20% del totale dei giorni lavorati”.
“Vi è però un settore, essenziale per la crescita e quindi per tutte le trasformazioni che ho appena elencato, dove la visione di lungo periodo deve sposarsi con l’azione immediata: l’istruzione e, più in generale, l’investimento nei giovani. Questo – ha detto Draghi – è stato sempre vero ma la situazione presente rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e di risorse finanziarie in questo settore. La partecipazione alla società del futuro richiederà ai giovani di oggi ancor più grandi capacità di discernimento e di adattamento”.
“Se guardiamo alle culture e alle nazioni che meglio hanno gestito l’incertezza e la necessità del cambiamento, hanno tutte assegnato all’educazione il ruolo fondamentale nel preparare i giovani a gestire il cambiamento e l’incertezza nei loro percorsi di vita, con saggezza e indipendenza di giudizio”, ha aggiunto l’ex numero uno Bce, sottolineando: “Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”.
“Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre”, ha detto ancora Draghi.
UE – “Dobbiamo ora pensare a riformare l’esistente senza abbandonare i principi generali che ci hanno guidato in questi anni: l’adesione all’Europa con le sue regole di responsabilità, ma anche – ha continuato Draghi – di interdipendenza comune e di solidarietà; il multilateralismo con l’adesione a un ordine giuridico mondiale. Il futuro non è in una realtà senza più punti di riferimento, che porterebbe, come è successo in passato, si pensi agli anni 70 del secolo scorso, a politiche erratiche e certamente meno efficaci, a minor sicurezza interna ed esterna, a maggiore disoccupazione, ma il futuro è nelle riforme anche profonde dell’esistente. Occorre pensarci subito”.
“Ci deve essere di ispirazione l’esempio di coloro che ricostruirono il mondo, l’Europa, l’Italia dopo la seconda guerra mondiale. Si pensi ai leader che, ispirati da J.M. Keynes, si riunirono a Bretton Woods nel 1944 per la creazione del Fondo Monetario Internazionale, si pensi a De Gasperi, che nel 1943 scriveva la sua visione della futura democrazia italiana e a tanti altri che in Italia, in Europa, nel mondo immaginavano e preparavano il dopoguerra. La loro riflessione sul futuro iniziò ben prima che la guerra finisse, e produsse nei suoi principi fondamentali l’ordinamento mondiale ed europeo che abbiamo conosciuto”, sottolinea l’ex numero uno dell’Eurotower, che aggiunge: “È probabile che le nostre regole europee non vengano riattivate per molto tempo e certamente non lo saranno nella loro forma attuale. La ricerca di un senso di direzione richiede che una riflessione sul loro futuro inizi subito”.
“Questa affermazione collettiva dei valori che ci tengono insieme, questa visione comune del futuro che vogliamo costruire si deve ritrovare sia a livello nazionale, sia a livello europeo”, ha detto ancora l’ex presidente della Bce al Meeting di Rimini. “La pandemia ha severamente provato la coesione sociale a livello globale e resuscitato tensioni anche tra i Paesi europei. Da questa crisi l’Europa può uscire rafforzata“, ha aggiunto, sottolineando come “l’azione dei governi poggia su un terreno reso solido dalla politica monetaria. Il fondo per la generazione futura (Next Generation Eu) arricchisce gli strumenti della politica europea. Il riconoscimento del ruolo che un bilancio europeo può avere nello stabilizzare le nostre economie, l’inizio di emissioni di debito comune, sono importanti e possono diventare il principio di un disegno che porterà a un ministero del Tesoro comunitario la cui funzione nel conferire stabilità all’area dell’euro è stata affermata da tempo”.
“Dopo decenni che hanno visto nelle decisioni europee il prevalere della volontà dei governi – ha proseguito – il cosiddetto metodo intergovernativo, la Commissione è ritornata al centro dell’azione. In futuro speriamo che il processo decisionale torni così a essere meno difficile, che rifletta la convinzione, sentita dai più, della necessità di un’Europa forte e stabile, in un mondo che sembra dubitare del sistema di relazioni internazionali che ci ha dato il più lungo periodo di pace della nostra storia”.