Ia nel lavoro: curiosità e preoccupazioni tra i professionisti italiani
(Adnkronos) – La crescente ondata dell'Intelligenza Artificiale ha generato reazioni contrastanti tra i professionisti di tutto il mondo, con molti che si mostrano sia curiosi che preoccupati per il suo impatto potenziale. Una recente indagine di LinkedIn getta luce su queste percezioni, evidenziando come i lavoratori italiani affrontino questa rivoluzione tecnologica. Secondo LinkedIn, sebbene il 33% dei professionisti italiani ritenga che l'AI potrebbe sovvertire il proprio lavoro, il 60% è convinto che diverrà un "aiutante invisibile" nel quotidiano. La percezione varia con l'età: i nativi digitali, come la GenZ, mostrano la maggiore preoccupazione (44%) sull'effetto dell'AI sul loro lavoro, a differenza delle generazioni precedenti, come i baby boomers (31%) e la GenY (32%). A livello globale, l'entusiasmo prevale sulla preoccupazione. Mentre il 39% degli intervistati globalmente si dice sopraffatto dall'AI, 9 su 10 sono entusiasti di adottare la tecnologia. Tuttavia, esistono differenze di percezione tra paesi e generi. Gli USA mostrano un ottimismo marcato, con il 66% che prevede un impatto significativo dell'AI sul loro lavoro nei prossimi 5 anni. Uno degli aspetti salienti dell'indagine riguarda l'istruzione. Il 58% della GenZ desidera formarsi sull'AI, ma non sa come ottenere le risorse necessarie. Questa esigenza di formazione non sembra soddisfatta: il 57% degli italiani afferma di non aver ricevuto linee guida o formazione specifica sull'AI dal proprio datore di lavoro. Alla luce delle trasformazioni apportate dall'AI, i professionisti italiani ritengono che le seguenti soft skill saranno cruciali: “A poca distanza dalle trasformazioni radicali dovute alla pandemia, i professionisti si devono ancora una volta adattare alla nuova ondata di cambiamenti innescata dalla diffusione su larga scala dell’AI generativa” commenta Marcello Albergoni, Country Manager di LinkedIn Italia. “I leader delle imprese dovranno trovare la giusta rotta e guidare le persone, per far sì che apprendano come utilizzare al meglio l’AI, sfruttandone il potenziale. In Italia, i giovanissimi sono i più preoccupati, e non a torto: solo il 31% degli intervistati ha dichiarato di aver ricevuto dal proprio datore di lavoro un insieme di linee guida sull’utilizzo dell’AI e di aver avuto accesso a un percorso formativo in merito. Eppure, è proprio alle esigenze e bisogni dei giovani talenti che le aziende devono guardare, mettendoli in condizione di coltivare le skill necessarie nel mondo del lavoro e di ampliare le strategie digitali delle organizzazioni. I dati che abbiamo raccolto evidenziano inoltre il valore incomparabile che le soft skills mantengono in uno scenario in cui gli esseri umani stanno imparando a collaborare sinergicamente con l’AI: ed è proprio questa collaborazione che sta plasmando il futuro del lavoro.” —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)