Indagine, 20% giovani ansiosi e depressi, ‘colpa’ di solitudine e troppi social
(Adnkronos) – Ansia e depressione, in forme da lievi a moderata, interessano circa il 20% dei giovani universitari con ricadute spesso negative anche in ambito accademico. La solitudine e l’eccessivo tempo trascorso online sono i principali fattori legati ad un peggioramento della salute mentale, oltre alla gestione poco salutare di tempo e spazio, la bassa motivazione e l’incertezza. I sintomi di ansia generalizzata e sociale, in particolare, sono da ricondurre, per il 67%, agli effetti negativi più diffusi della pandemia. Sono i risultati di uno studio condotto dall’università degli Studi di Milano–Bicocca e dall'Università del Surrey (Regno Unito), sulla salute mentale della popolazione giovanile nel contesto universitario, presentati oggi nel corso dell’evento ‘Socialized Minds – La salute mentale giovanile nell’era dei social', organizzato dall’università Milano-Bicocca e da Janssen, azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson, in occasione della Giornata mondiale della salute mentale 2023. L’incontro – spiega una nota – si è arricchito della presentazione dei risultati di una ricerca realizzata da Ipsos su un campione rappresentativo della popolazione adulta, e promossa da Janssen Italia, che evidenzia come la salute mentale sia considerata una priorità (87%), tanto quanto lo è la salute fisica. Dato ancora più significativo se si considera che 4 italiani su 10 non sono soddisfatti della propria condizione mentale e che 1 italiano su 3 ritiene la propria salute mentale maggiormente a rischio oggi rispetto a 3-4 anni fa. L’incidenza maggiore si registra fra le donne (42% vs il 31% degli uomini) e i giovani (42% circa nelle fasce 18-45 anni rispetto al 32% di quelle 46-75). Obiettivo dell’incontro, che ha visto la partecipazione di esponenti istituzionali, clinici, associazioni dei pazienti e rappresentanti aziendali, oltre alla presenza del cantautore e produttore discografico Mr. Rain come special guest, è stato quello di coinvolgere la popolazione giovanile in un dibattito sulla salute mentale, allargando la riflessione anche al mondo dei social network per indagare come queste piattaforme possano essere sfruttate per intercettare i giovani con disagio e/o per portare aiuto a chi convive con queste patologie, sempre avvalendosi del supporto di uno specialista."Oggi – afferma Guido Cavaletti, pro rettore alla ricerca della Bicocca – appare chiaro che il compito delle Università, e di tutti coloro che accompagnano gli studenti nel loro percorso di formazione,- non può e non deve esaurirsi nella mera trasmissione della conoscenza o nella formazione ad una professione, ma deve prestare attenzione alla realizzazione dell’individuo nella sua interezza”. Una sfida che richiede un approccio multidisciplinare e di sistema, tanto più se si considera che, secondo un recente studio Deloitte-Janssen, la spesa sanitaria dedicata alla salute mentale in Italia è gravemente insufficiente e nei prossimi 3 anni, serviranno 1,9 miliardi di euro in più per riuscire a colmare il gap di risorse in risposta solo ad alcune delle criticità identificate dallo studio (es. personale, spesa ospedaliera, campagne di sensibilizzazione, ecc.). Riflettendo sui dati, Giuseppe Carrà, professore di Psichiatria dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca osserva che servono "necessariamente nuovi approcci in termini non solo clinici ma anche di salute pubblica. La ricerca – prosegue – evidenzia come iniziative preventive e interventi clinici, anche attraverso l’utilizzo di strumenti digitali, social inclusi, debbano essere volti ad interrompere il circolo vizioso tra avversità sociali e psicopatologia”. Alla discussione sulla salute mentale è stata ascoltata anche la voce dei pazienti. Francesco Baglioni, direttore del Progetto Itaca Milano, suggerisce di "lavorare su tre direttrici: sensibilizzare la società per superare lo stigma e il pregiudizio, promuovere un’informazione corretta per favorire la prevenzione e sostenere le persone che soffrono e le loro famiglie, anche con gli strumenti digitali". Concorda Sofia Segre Reinach, direttore generale della Fondazione Bullone: "Cerchiamo- chiarisce – di far luce sulla fragilità, non nascondiamola e non nascondiamoci dietro ad essa. Se tutti saremo in grado di accettarla e condividerla come parte dell’esperienza umana, sarà così più facile accompagnare i nostri ragazzi a non sentirsi isolati, a non vergognarsi, a fare invece luce sulle proprie risorse e su proprio percorso di vita personale e professionale”. Sulle modalità di intervento, Valeria Locati, psicologa, psicoterapeuta della famiglia, fondatrice del blog ‘Una psicologa in città’ suggerisce di “adottare una integrazione multimodale che dosi sapientemente strumenti digitali e interventi in presenza a seconda delle specifiche situazioni e finalità”. In questo quadro così complesso e in continua evoluzione anche le aziende hanno un ruolo. "L’Italia – ricorda Alessandra Baldini, direttore medico Janssen Italia – si colloca fra gli ultimi posti in Europa per quota di spesa sanitaria dedicata alla salute mentale (dati Ocse), ben lontana da altri Paesi ad alto reddito (es. Uk, Germania, Norvegia e Francia), destinandovi circa solo il 3,4%” rispetto al 10% raccomandato da The Lancet. “In questo quadro – prosegue – l’impegno di Janssen è andato non solo nello sviluppo di nuove terapie, ma anche a supportare iniziative volte ad accrescere la conoscenza della patologia”, continuando “a dialogare e collaborare con tutti gli attori del sistema e a sviluppare partnership strategiche con diverse realtà così da fare la nostra parte e favorire un’innovazione, che garantirà grandi benefici al nostro Ssn”. Riprendendo il testo della canzone ‘Supereroi’ presentata all’ultimo festival di Sanremo, Mr.Rain, ha lanciato un appello ai giovani perché trovino la forza di dare voce al loro disagio: “non abbiate paura a chiedere aiuto, basta un solo passo e tutto può cambiare”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)