Libri, i “Sette piccoli sogni” del giovane scrittore e poeta di Letojanni Enrico Scandurra
È stato pubblicato il quarto libro dello scrittore e poeta di Letojanni, Enrico Scandurra. Un’opera, intitolata “Sette piccoli sogni”, edita da Algra e che è costituita da sette racconti di genere fantastico e onirico ambientati nei più disparati luoghi di una irrealtà a tratti reale, a tratti metafisica. Si tratta, appunto, di racconti che Scandurra ha scritto tra il 2016 e il 2019 e che sembrano voler pescare nel buio virtuale della coscienza l’illuminazione della fantasia, percorrendo analogicamente sorte e contraddizioni di un’umanità indistinta. Un percorso seguito in una sospensione surreale insieme comica e drammatica. I racconti di Scandurra -come ha spiegato in una bellissima prefazione il giornalista Giuseppe Attardi – hanno dietro di sé la vocazione surreale delle Cosmicomiche di Italo Calvino e lo slancio visionario del Deserto dei tartari di Dino Buzzati. Uniti dalla fede nel fantastico. Mettono insieme Samuel Beckett e Borges, Lewis Carroll e il cinema di Tim Burton, Stefano Benni e Fantozzi, la pittura di Roberto Matta e le incisioni di Grandville. Borges e Beckett sembrano incarnare la volontà di descrivere la mappa della realtà-labirinto nel modo più particolareggiato possibile e la consapevolezza che l’assenza di vie d’uscita è la vera condizione dell’uomo. La parola è strettamente legata all’immaginazione e diventa metafora di un mondo fantastico. Come Carroll, Scandurra crea neologismi, giochi di parole, paradossi, sillogismi. Svela i meccanismi e le molteplici possibilità del linguaggio, mette a dura prova l’univocità del reale. Di Matta ha dei motivi che si direbbero fantascientifici o cosmici. Come Tim Burton, è un creatore di sogni e di incubi e, come i personaggi dei film del regista di Alice in Wonderland, i protagonisti di questi racconti sono emblematici della fatica di integrarsi. Da Benni e da Fantozzi prende l’iperbole, il grottesco, con cui mette talvolta sullo stesso piano alti valori, come la libertà, con giochi popolari come il calcio. E poi c’è la fiaba, che può essere quella colta e intellettuale di Calvino, come quella popolare di Jack e la pianta del fagiolo. Nel mondo di Scandurra, intriso di sogno e popolato di fantasmi e spiritelli, si perdono la nozione del tempo e le coordinate geografiche. Le trattorie sul lungomare di Letojanni si confondono con i bar più malfamati di Caracas, e le viuzze della località balneare ai piedi di Taormina sono popolate da personaggi dai nomi esotici: Ahmed, Joe, Pablo, sam. Che convivono con Carlo e Ignazio in un paese che sembra allungarsi sul Mar dei Caraibi piuttosto che sullo Jonio. Tutti, protagonisti e comparse, accompagnati da un soprannome a definire il proprio ruolo. Perdere queste indicazioni di tempo e di luogo, significa infilarsi in un tunnel senza ritorno: è concesso andare solo avanti, affrontando immani prove verso una meta che si allontana e risulta indefinita. i protagonisti dei racconti perdono il senso comune del vivere e si adeguano a un senso superiore e non accettabile dalla logica, che fanno proprio senza discutere. Chi scala montagne, chi si arrampica su palme che si innalzano sino a sfiorare il cielo, chi nuota nel mare in tempesta. Tutti alla ricerca di un fantasma. che, forse, è quella verità che – come canta Bob Dylan – è caduta nel vento. (Tratta dalla prefazione di Giuseppe Attardi)