L’INTERVENTO/”Messina città pigra ed addormentata da sempre refrattaria ai fatti di cultura”
Di Pippo Pracanica*
Anche se può sembrare incredibile Messina è stata giudicata “città pigra ed addormentata da sempre refrattaria ai fatti di cultura” con sentenza del giudice penale ormai da gran pezza passata in giudicato, come del pari, sempre in questa città, è stato possibile essere incriminati per aver organizzato mostre di altissimo livello, utilizzando un reato impalpabile quale era l’abuso di ufficio non patrimoniale, reato inventato dal buon Pisapia padre, e dal quale era pressoché impossibile difendersi. E veniamo alla sentenza emessa dal Tribunale di Messina (presidente estensore dott. Giuseppe Armando Leanza, e componenti il dott. Alfredo Sicuro ed il dott. C. Romolo) il 22 ottobre 1996. In tale sentenza, a conclusione di un processo contro i componenti della Giunta della provincia regionale di Messina accusati di aver organizzato mostre di pittura, tra i’altro si legge: “passando all’esame delle imputazioni di abuso di ufficio non patrimoniale, osserva il Tribunale che la prima valutazione da compiere per una corretta decisione, essendo l’accertamento rilevante ai fini della qualificazione della condotta, è quella volta a stabilire se l’organizzazione di mostre d’arte sia coerente con il pubblico interesse in generale e con gli interessi devoluti alle cure dell’Amministrazione Provinciale in particolare, atteso che soltanto in caso di riscontro negativo i comportamenti incriminati potrebbero assumere il carattere della illiceità, sotto il profilo della strumentalizzazione dell’ufficio, che distingue. la fattispecie penale dell’abuso. Al quesito non può non essere data risposta affermativa. L’organizzazione di mostre d’arte di qualità, come quelle approntate dalla provincia, non solo non si pone in contrasto con I’interesse pubblico, che al contrario ne viene assecondato ed esaltato, ma è pienamente rispondente ai fini istituzionali dell’ente, ai quali non è estranea la promozione di attività culturali. Le manifestazioni, come si evince dalla documentazione acquisita, al processo, sono state di alto livello, sia per lo spessore e il nome degli artisti le cui opere sono state esposte sia per l’adesione a molte di esse da autorevoli personalità della cultura italiana, sia per lo stile e la funzionalità degli allestimenti, che hanno riscosso, a giudicare dalle recensioni di stampa e dalle cronache giornalistiche ampi consensi. E’ doveroso qui darà atto che le mostre di cui si discute hanno rappresentato un momento di autentica crescita culturale per la città; e deliberandone l’organizzazione gli amministratori della Provincia non hanno tradito l’ufficio ma hanno, semmai, reso un servizio alla collettività. Né è emerso che su iniziative per tanti versi meritorie siano innestati fatti di corruttela o di prevaricazione, neppure ipotizzati dall’ufficio di procura, che ha esclusivamente colto l’illecito nelle modalità di copertura finanziaria”. Più oltre si legge ancora: Va da ultimo segnalata una singolare lacuna comune a tutte le imputazioni, nessuna delle quali reca indicazioni in ordine alle finalità perseguite dai giudicabili. Di tal che non è dato sapere quali illeciti costoro avrebbero avuto di mira, quali interessi ne avrebbero ispirato l’azione, quali soggetti avrebbero inteso ingiustamente avvantaggiare. L’anomalia non è sfuggita al giudice per le indagini preliminari che con la sentenza del 15-X-1994 ha creduto di individuare l’illegittima finalità nel ritorno di immagine sotto forma di positivo apprezzamento per l’azione politica che i componenti della Giunta si proponevano di ottenere con la promozione delle mostre d’arte, che avrebbe dovuto tradursi nelle loro intenzioni, in consenso popolare, nel momento elettorale. Il giudizio è azzardato, essendo davvero difficile supporre che, iniziative quali quelle attuate dalla Giunta provinciale possano costituire il giusto veicolo per l’aggregazione di popolarità e di suffragi specie in una città sonnolenta e pigra come Messina, da sempre poco ricettiva ai fatti di cultura. E, sia consentito, gli amministratori sarebbero stati degli sprovveduti se avessero affidato all’organizzazione delle mostre d’arte la speranza, di per se lecita, di acquisire quei consensi che sarebbe stato molto più agevole guadagnare con iniziative più semplici, meno impegnative e di più sicuro richiamo.”
Il merito di aver organizzato le mostre di cui si parla nella sentenza è esclusivo di Serafino Marchione e dei suoi collaboratori, a cominciare da Lucio Barbera, a cui giustamente la Provincia regionale di Messina ha intestato la GALLERIA PROVINCIALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA.
* Past President Cittadinanzattiva Sicilia