“Lo spettro del Presidenzialismo”: l’Anpi di Messina ha voluto intitolare così l’incontro con Michele Ainis
“Lo spettro del Presidenzialismo”: così l’Anpi di Messina ha voluto intitolare l’incontro con Michele Ainis, previsto per martedì 24 ottobre (ore 17.30, Salone delle Bandiere del Municipio messinese). Il meeting sarà introdotto da Federico Martino, presidente onorario dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
Michele Ainis è un costituzionalista nato a Messina; membro della “Autorità garante della concorrenza e del mercato” è professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Roma Tre. A lui l’Anpi si rivolge perché è stata dichiarata ad alta voce la volontà di stravolgere definitivamente l’assetto costituzionale, di abbandonare la “via maestra”. C’è voglia di farla finita con la Costituzione: un ostacolo ancora troppo ingombrante per chi vuole governare senza intralci in nome degli interessi del più forte.
Presidenzialismo o premierato e autonomia differenziata: sono questi i due principali obiettivi politico-istituzionali che il governo vuole raggiungere. Comunque la si pensi, due riforme che ci consegnerebbero ad un altro sistema rispetto a quello disegnato con la Costituzione repubblicana.
Si parte dalla elezione diretta del Presidente; della Repubblica ovvero del Consiglio: come se fosse equivalente, purché si elegga un “Capo”. Può non essere considerato un male in sé, ma lo diventa in un Paese come il nostro privo di forti contropoteri e che, a seguito della riforma, perderebbe l’unico organo di garanzia politica attualmente operante: il Presidente della Repubblica garante verrebbe travolto dal Presidente governante.
Si tratta di una questione di fondo. Quando si va a modificare la forma di governo, e quindi si deve correggere non solo l’investitura di chi ha ‘le chiavi del Governo’, che sia un Presidente della Repubblica o un Presidente del Consiglio o un ‘Sindaco d’Italia’, che si debbono toccare anche altri ingranaggi dell’orologio costituzionale. Per poter fare questo si deve avere una legittimazione molto forte da parte dei cittadini.
Ora, l’attuale Parlamento non è delegittimato, ma certamente non ha una forte legittimazione, per due motivi: il primo è che alla consultazione elettorale c’è stata una grossa percentuale di astensionismo che ha portato la coalizione del centro-destra a rappresentare circa il 25% degli elettori. Il secondo motivo è che si tratta di un Parlamento figlio delle liste bloccate, di scelte dei segretari di partito che hanno deciso chi fa il senatore e chi il deputato. È evidente che non è sufficiente, come prevede l’articolo 138, raggiungere i due terzi di voti favorevoli in Parlamento, perché questi non corrispondono ai due terzi dell’elettorato. Non basta nemmeno il referendum che, se pure si dovesse fare, si risolverebbe in un plebiscito perché sottoponendo agli elettori 30-40 articoli della Costituzione completamente nuovi, si costringerebbe l’elettore a un ‘prendere o lasciare’, e questa scelta rappresenterebbe una violenza alla libertà dell’elettore stesso”.