Messina, l’odissea di un positivo al Covid-19: “Prigioniero in casa e tra i rifiuti”
“Fra qualche giorno sarò costretto a prendere la spazzatura e la butterò nel primo cassonetto che capita”. E’ una autodenuncia in piena regola quella di un messinese che ha dato già mandato al proprio legale per presentare un esposto-denuncia sulla situazione che lo vede prigioniero in casa senza nessun segnale da parte dell’Asp tranne un laconico messaggio: “Abbiamo preso in carico il problema”.
Un problema che comincia il 29 dicembre, quando la figlia fa un tampone rapido che risulta positivo al coronavirus. Si barricano in casa i quattro componenti della famiglia e chiamano l’Usca di Papardo che programma il tampone molecolare per il 2 gennaio al drive-in di San Filippo.
L’esito di quest’ultimo test arriva cinque sei giorni dopo: è positivo e ricontatta l’Usca di Papardo per riprogrammare un ulteriore tampone stavolta per tutta la famiglia.
In quattro – marito, moglie e due figlie, compresa quella già risultata positiva – si presentano il 13 gennaio alle ore 12. Siamo al 15 gennaio ed oltre a non conoscere l’esito del tampone vivono segretati in casa da diciassette giorni mentre si accumulano tensioni e rifiuti compresi quelli che producono due cani di grossa taglia, anch’essi in quarantena ….
“Fra cinque giorni – spiega – potrò uscire perché ho raggiunto il 21esimo giorno che sono in casa aspettando il tampone, dato che al 22esimo giorno, con l’autocertificazione del medico di famiglia, in assenza di sintomi, si può uscire. Mi sa che questa spazzatura andrà a finire nell’indifferenziata”.
Probabilmente insieme a quella di altri tremila positivi, quelli di cui parla il sindaco cateno De Luca, di cui nessuno fino ad oggi si è occupato nel rimpallo di responsabilità fra Asp e Comune.