Messina, percorso di formazione per un’ecologia integrale “Custodiamo la città”. L’input dalla giornata sociale diocesana

Dall’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” e anche dalla Settimana Sociale è arrivata la chiamata ad un rinnovato impegno socio-politico nella diocesi di Messina. E soprattutto con l’incontro nell’8^ GIORNATA SOCIALE DIOCESANA sul tema “EDUCHIAMO ALLA BELLEZZA I GIOVANI” è stata formalizzata la presentazione del Percorso di formazione per una ecologia integrale “CUSTODIAMO LA CITTÀ”, con l’introduzione di Don Sergio Siracusano, direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro. E dopo il saluto dell’Arcivescovo, S. E. Mons. Giovanni Accolla, del Pro Rettore dell’Università, Prof. Giovanni Moschella,  e della Delegata RUS (Rete Università Sostenibili) Università, Prof.ssa Roberta Salomone, si sono susseguiti gli interventi di Don Antonio Panico, Vicario Episcopale per la Pastorale sociale dell’Arcidiocesi di Taranto, che ha raccontato il cammino post Settimana Sociale di Taranto, dell’Arch. Clara Stella Vicari Aversa, membro della Commissione diocesana per la Custodia del Creato e Vicepresidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Messina che ha trattato il tema “Educare alla bellezza”. Ivan Tornesi, della Pro Loco Messina Sud e Nello Cutugno, della Pro Loco Capo Peloro si sono soffermati sulla bellezza dei nostri territori, mentre Luca Mancuso, della Commissione Diocesana per la Custodia del Creato ha presentato l’esperienza del “Coordinamento dei Colli”. I lavori hanno rappresentato la prima tappa del programmato Percorso di formazione per una ecologia integrale denominato “CUSTODIAMO LA CITTÀ” fatto di una miriade di tappe previste fino al 14 giugno del 2023, quando il calendario di appuntamenti si concluderà con un seminario al Parco Horcynus Orca di Capo Peloro. Prossimo appuntamento domenica 6 novembre a Monforte San Giorgio, per celebrare la 72esima giornata nazionale del ringraziamento, con la celebrazione eucaristica partecipata anche da alcune aziende del territorio.

“Abbiamo presentato anche le aziende sostenibili – spiega  Don Sergio Siracusano – per promuovere modelli di economia che si alimentano di trasparenza e giustizia, alla luce anche del messaggio dei vescovi   che punta a valorizzare le buone imprese e tracciare dei percorsi innovativi sia nel rispetto dell’ambiente che della legalità d’azione”.

Ecco la prima parte dell’intervento dell’architetta Clara Stella Vicari Aversa: “Non credo che la bellezza sia qualcosa di innato. Non ci ho mai creduto neppure da bambina, grazie anche alla mia famiglia, ma anche alla scuola, e poi anche alla vita, che me lo ha insegnato. Credo invece che la bellezza sia qualcosa che vada continuamente conquistato. Educhiamo alla bellezza. Che invito meraviglioso! Perché la bellezza non è scontata. La bellezza si semina, la si coltiva, la si nutre. Bisogna prendersene cura per farla germogliare. E, di contro, senza educazione alla bellezza non si cresce. Non si progredisce. Anzi. Non si diventa educati e civili da soli, ma perché si cresce educati alla bellezza. Peppino Impastato, giornalista e attivista siciliano che denunciò i crimini della mafia di Palermo e fu ucciso da Cosa Nostra a Cinisi il 9 maggio 1978, diceva: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore” (Dal film “I cento passi”, n.d.r.). “La bellezza salverà il mondo”. Di bellezza come di qualcosa di salvifico, che ci eleva, che ci salva, se ne parla da sempre. Sembra che tra il bello e il bene esista un legame misterioso, inafferrabile e indistruttibile.

“Il bello è lo splendore del vero” dice già il filosofo greco Platone nel V secolo a.C.

“La bellezza salverà il mondo” afferma il principe Myškin ne “L’Idiota” (1869) di Fëdor Dostoevskij, uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi di tutti i tempi.

Franz Kafka (1883 − 1924), sostiene persino: “La giovinezza è felice, perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque conservi la capacità di cogliere la bellezza non sarà mai vecchio”.

Penetrare l’essenza delle cose vuol dire essenzialmente contemplarne la bellezza perfetta. Ma che cos’è questa attitudine ad apprezzare certe cose e respingerne altre? La facoltà di cogliere e godere il bello appartiene all’uomo. L’esperienza e l’incontro con il bello ci solleva con forza dall’indifferenza, ci commuove, ci fa cogliere un “oltre”, o un “non so che”, che risplende in ciò che percepiamo con i sensi fino a scuotere il nostro cuore. La percezione del bello inizia con i nostri sensi: chiamiamo bello ciò che ci piace quando lo percepiamo. Con la vista e l’udito soprattutto, poiché il loro potere cognitivo è superiore e più immediato rispetto a quello degli altri sensi. Ma sebbene, ad esempio osservando una persona, l’esperienza estetica inizia con i sensi, essa va molto oltre i sensi e riguarda tanto altro: intelligenza, immaginazione, volontà, cuore, affetti, amore. Nell’esperienza della bellezza si manifesta anche la dimensione spirituale dell’essere umano.

La bellezza come veicolo di cambiamento. Per comprenderla ed apprezzarla e per condividerla con tutti, per educare alla bellezza, ricorriamo da sempre nella storia dell’umanità all’arte: l’arte come un tentativo di rendere visibile l’invisibile. L’incontro con la bellezza ha un potere trasformativo. Ma richiede la capacità di contemplare: un modo di guardare e ascoltare che non sia semplicemente quello dei sensi. È piuttosto quella del cuore, dello spirito umano. Non è un semplice piacere. È, propriamente, il godimento della bellezza. Se vogliamo anche che la nostra città sia bella dobbiamo crederci e rimboccarci le maniche, insieme, prendercene cura ogni giorno, come si fa con una bella pianta di fiori. E allora, crediamoci, tutti insieme. Perché insieme si può. Anche nella nostra città, anche a Messina. #AnchexMe Mi piacerebbe diventasse virale hastag come #AnchexMe o #perMesipuofare. Ciascuno di noi qui accetta, o si rassegna alla bruttezza o al degrado di buone parti della nostra città, quando è fuori spesso la critica anche perché vede e riconosce altrove altra bellezza. La bellezza chiama bellezza. Basta poco per far invertire un processo di crisi: in 10 anni lavorando sulla bellezza, anche a Messina è qualcosa che si può realizzare. Messina è in crisi. Ci sono tanti nuovi lavori che qui non si possono fare, la città si sta spopolando. I giovani vanno fuori in cerca di un futuro che qui sembra negato. Troppo spesso ci abbandoniamo alla rassegnazione e alla incapacità di comprendere che, invece, dopo la crisi si può ripartire meglio di prima. Non è che i posti belli e dove si lavora sono più fortunati di noi. Hanno solo lavorato più duramente di noi per conquistarsi ciò che hanno. Quindi anche la loro bellezza. Vi faccio qualche piccolo esempio in Italia. Il territorio delle Langhe era una zona quasi povera e fortemente in crisi, lavorando sulla bellezza del suo territorio, capace di produrre dell’ottimo vino, buon cibo ed eccellente ospitalità, senza invidie, ma lavorando tutti fianco a fianco, il tutto naturalmente messo in rete, si è rilanciato in modo incredibile. Il Trevigiano, che sì era già circondato da ville palladiane ma che da sole sono atomi che non bastano a rilanciare una zona, con il prosecco si è totalmente rilanciato. Matera ha lavorato molto su sé stessa, ed ha piano piano rivitalizzato quel che fino a pochi anni fa sembrava solo un incredibile presepe abbandonato. O due soli esempi in Spagna: dieci anni sono bastati anche a Barcelona per avviare il suo esemplare processo di apertura della città al mare fino agli anni completamente negato, e a Bilbao per riconvertire una grigia città industriale in un nuovo vivace polo culturale e imprenditoriale. Potrei continuare con altre zone che hanno duramente lavorato sulla bellezza. Se vogliamo bellezza anche noi per Messina dovremmo lavorarci. Elaborare il lutto del terremoto. Innanzitutto dovremmo riuscire a elaborare il lutto che la Messina preterremoto fosse bella e poi è disgraziatamente diventata brutta per la tragedia. Con la lagna non si ottiene nulla. E’ provincialismo mitizzare la Messina preterremoto, di ormai oltre 100 anni fa. Ma, ovviamente lo dico provocatoriamente, allora perché non mitizziamo la Messina spagnola del 1500? Non meritava interesse? O ancor prima quella di fondazione greca? Imparare a riconoscere la bruttezza. Troppo facile o comodo dire che la bruttezza non dipende da noi, perché non è così. Si è perso molto anche dopo il terremoto demolendo immobili anche in discreto stato, o forse almeno in facciata recuperabili, per paura di nuovo terremoto ma anche per speculazione. Ma è anche vero che anche per questo evento abbiamo dei viali ampi, come i corsi Garibaldi e Cavour, pensati come dei boulevard luminosi su cui affacciano dei palazzi ancora eleganti e dignitosi. Lavoriamo sulla città che abbiamo, riconoscendo anche la bruttezza per poter prendercene cura ed esaltare ovunque la bellezza. Non basta il panorama. Poi dobbiamo, soprattutto, abbandonare l’idea che siccome abbiamo un bel panorama siamo nella città più bella del mondo.

Che il panorama di Messina si unico al mondo è scontato. Tutte le città sono uniche al mondo. Un po’ come le persone, ciascuna con le sue specificità. Ma poi dobbiamo lavorare su queste specificità, dobbiamo valorizzarle, esaltarle, farle rispendere, metterle in rete, tirar fuori il meglio possibile, non danneggiarle.

Ma, siamo seri, pensiamo davvero che un bel panorama possa fare bella una città?

Ad agosto in tutti i giornali cittadini si esultava perché la spiaggia di Capo Peloro, secondo una classifica del National Geografic, è risultata fra le spiagge la “Best for views”, cioè la migliore per panorami. Quindi non la migliore (come più di un giornale ha scritto), ma la migliore per vista. Il panorama il luogo non se lo è conquistato, ma se lo è ritrovato, si tratta della sua naturale posizione geografica. Questo significa che Messina non ha fatto nulla per meritarsi questo riconoscimento e la vista è un regalo della natura e, forse proprio perché regalato, la città non si è sforzata molto, ma ha fatto molto poco o nulla, per meritarlo, e per valorizzarlo, ma lo dato fin troppo per scontato. Si può lavorare su questo proprio per migliorare. Il panorama di Messina se ci pensiamo non è neppure “in” Messina, ma letteralmente è “fuori”, è un affaccio, non è “dentro” Messina.

Come dire che il mio palazzo è bello perché affaccia in un bel palazzo! Dobbiamo essere noi ad essere belli, dobbiamo lavorare per essere intrisi di bellezza. La nostra città deve essere bella, non solo il suo intorno. La bellezza deve entrare dentro di noi. Dobbiamo divulgare, sprigionare noi la bellezza. E poi la dobbiamo mettere in rete. Cosa fare per Messina? Cosa potremmo fare quindi intanto noi per Messina?

Tantissimo. Ovunque in tutti i quartieri. Un esempio concreto? Partiamo ad esempio germoglio di bellezza riconosciuto che non è neppure merito nostro: il panorama. Educare alla bellezza significa quindi educare, apprezzare e valorizzare la vista, il panorama che si può godere da qui. Ma occorre fare, agire, progettare, non stare solo seduti a guardarlo.

Quindi per Messina, significa ad esempio, poter lavorare sul suo bordo d’acqua, sul suo fronte a mare, sulla possibilità si sporgersi, di affacciarsi e anche, perché no, di collegarsi fisicamente con un collegamento stabile all’altra sponda calabra. Questo sì, lo può fare, può migliorare molto, lavorare seriamente, con cura e dedizione sul suo bordo terracqueo e mettere in rete i frutti di questo lavoro”. Clara Stella Vicari Aversa

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