Messina, si è spento l’avvocato Francesco Marullo di Condojanni

Mondo giudiziario a lutto per la morte dell’avvocato Francesco Marullo di Condojanni, 69 anni, civilista messinese dai colleghi inteso “principe” non solo per la discendenza nobiliare ma anche per la cordialità ed eleganza. Componente del Consiglio nazionale forense, per il quale coordinava la Commissione per la Storia dell’Avvocatura, è stato presidente dell’Ordine degli avvocati di Messina dal 2002 al 2011.

Dal giugno scorso era anche presidente della Fondazione Lucifero di Milazzo. Appassionato della natura, l’Azienda Agricola Marullo di Condojanni Sangaspano è nata dalla tradizione di famiglia, la cui storia è legata alla Sicilia sin dal 1280, con uliveti, agrumeti e vigneti sparsi tra Pace del Mela e Milazzo.

Dell’anno scorso la sua pubblicazione della casa editrice “Il Mulino” dal titolo “Piero Calamandrei e il nuovo Codice di procedura civile (1940)”, scritto insieme a Silvia Calamandrei (nipote del noto politico, avvocato e accademico toscano) e dal noto legale Guido Alpa. Il libro parla del nostro Codice di procedura civile. Un codice tuttora in vigore, che pur con le opportune revisioni è rimasto sostanzialmente immutato nell’impianto e nella visione complessiva. Messo a punto da una commissione di cui facevano parte Piero Calamandrei, Francesco Carnelutti e Enrico Redenti, per volontà di Dino Grandi, Guardasigilli fascista ma attento custode della tradizione romanistica contro la deriva del diritto libero germanico, fu presentato dallo stesso Grandi al re con una Relazione la cui traccia derivava da un testo autografo di Calamandrei. Un codice nato dunque in pieno periodo illiberale, concepito quando «a poco a poco nella nostra legislazione si introduceva la peste totalitaria». Codice «fascista», come alcuni studiosi hanno ancora di recente sostenuto, o «codice degli italiani», come ebbe a scrivere lo stesso Grandi a Calamandrei nell’agosto del 1943? Grazie a un’accurata ricostruzione storica e filologica predisposta da Giulio Donzelli, corredata da un saggio storico di Guido Melis e Antonella Meniconi e da saggi di esperti di diritto processuale civile quali Claudio Consolo e Romano Vaccarella, il volume propone una rilettura della Relazione, aiutando a distinguere quanto in quel testo sia da attribuire al giurista fiorentino e quanto al ministro e ai suoi collaboratori. E, soprattutto, permette di inquadrare storicamente l’impresa della gestazione del Codice e i rapporti fra Calamandrei e Grandi, grazie anche ad alcuni documenti inediti – riprodotti nell’Ap­pen­dice – custoditi nella Biblioteca Archivio Piero Calamandrei di Montepulciano a cura della nipote Silvia, con la collaborazione di Francesca Cenni. Ecco il video della presentazione:

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