Padre Chiara Gualzetti: “Mia figlia uccisa come Michelle, assassini minorenni paghino giusta pena”

(Adnkronos) – "Quando perdi un figlio è come perdere per strada i pezzi di se stessi. Con l'omicidio di Michelle, mentre seppellivo mia moglie, ho rivissuto quello che ha passato mia figlia. Minorenne anche lei, uccisa con cinque coltellate da un suo amico coetaneo che in casa conoscevamo, per un movente mai chiarito. Abbandonata tra le siepi e ritrovata solo grazie a una testimonianza il 28 giugno, lo stesso giorno in cui, due anni dopo, sarebbe stato ritrovato il corpo della 17enne a Roma. Anche lei sarebbe finita in un campo incolto, se il suo assassino non avesse trovato un cancello a sbarrargli la strada". A parlare all'Adnkronos è Vincenzo Gualzetti, papà di Chiara, massacrata a coltellate prima e a calci in faccia poi la mattina del 27 giugno 2021 a Monteveglio, in provincia di Bologna. L'uomo, che solo ieri ha dato l'ultimo saluto anche a sua moglie Giusy morta di dolore, ai genitori di Michelle Maria Causo rivolge un appello: "Tenete duro, nuoterete in un mare in tempesta dove oltre al dolore devastante e impossibile da lenire col tempo in questo caso affatto galantuomo, dovrete assistere a un processo che è un po' una buffonata, inaccettabile, sbatterete la testa contro leggi ridicole che non assicurano la giusta pena ad assassini minorenni. Non tengano mai il dolore dentro, che si sfoghino, piangano e urlino, perché mia moglie non lo ha mai fatto, ha somatizzato la disperazione che alla fine l'ha distrutta. E poi, quando si sentiranno abbastanza forti per provare a cambiare le cose, per far sì che la morte di un'altra figlia non sia vana, si uniscano a me perché questi bastardi paghino per quello che hanno fatto". Come oggi, all'uscita della parrocchia Santa Maria della Presentazione a Torevecchia, ha fatto Gianluca, due anni fa ha fatto Vincenzo: "Io lo conosco il dolore del padre di Michelle, che oggi non staccava gli occhi dalla bara di sua figlia. Io lo so cosa si prova in quel momento in cui si chiude la bara, quando entra nel carro funebre e si prende consapevolezza, come forse mai prima, del fatto che ormai va via, che non torna. La giustizia – dice – non restituisce un figlio ammazzato, ma dà sollievo, aiuta. Dà valore a una morte che non ha senso. E invece, se pure hai una sorta di tranquillità quando l'assassino viene preso, poi ci si ritrova davanti a leggi assurde dove il processo si svolge solo a tutela dell'assassino minorenne. C'è troppa tutela per questi ragazzi. Ma se a 14 anni si può prendere un patentino e guidare su strada, si è allora abbastanza grandi da rispondere delle proprie azioni, maturi e responsabili al pari di un 18enne". (di Silvia Mancinelli) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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