Pandoro e panettone, differenza: come individuare ricetta originale sull’etichetta
(Adnkronos) – Pandoro e panettone sono l’immancabile 'coppia del gusto' regina sulle nostre tavole durante le feste natalizie. Ma quando si è sicuri di saper scegliere i prodotti originali della tradizione? In questo periodo, gli scaffali del supermercato sono pieni di panettoni e pandori e per i consumatori non è facile capire quali sono le specialità tradizionali e come riconoscerli rispetto ai 'falsi' studiati nei minimi dettagli per cercare di conquistare i consumatori con false informazioni. L'Unione nazionale consumatori ricorda che il legislatore è venuto in aiuto, tanto che già dal 22 luglio del 2005 è in vigore un decreto ministeriale (adottato congiuntamente dagli allora ministero delle Attività Produttive e ministero delle Politiche Agricole e Forestali) grazie al quale panettone, pandoro, colomba, savoiardi, amaretti e amaretti morbidi hanno una vera e propria 'carta d’identità' che stabilisce, in modo inequivocabile, la loro ricetta, le loro caratteristiche, il processo di fabbricazione e, non ultime, le diciture che devono essere riportate in etichetta. In particolare, nel suddetto decreto vengono chiaramente stabilite le caratteristiche che questi prodotti devono avere per essere considerati gli originali della nostra tradizione. Per quanto riguarda il pandoro, può chiamarsi così solo quel dolce realizzato con burro, uova fresche di categoria A o tuorlo d’uovo, o entrambi, in quantità tale da garantire non meno del quattro per cento in tuorlo, e pasta morbida ottenuta con lievitazione naturale. Si tratta di un processo produttivo molto complesso e lungo (dura all’incirca 35 ore), ma indispensabile a garantire ottimi risultati in termini di qualità, aroma, fragranza e sofficità, caratteristiche peculiari di queste specialità del Made in Italy. Il panettone si ottiene con gli stessi ingredienti e la stessa lavorazione, ma prevede l’aggiunta di uvetta e scorze di agrumi canditi in quantità non inferiore al 20%. Più in generale, per ognuno dei prodotti indicati nel Decreto del 2005: devono essere sempre e chiaramente indicati gli ingredienti obbligatori e quelli facoltativi (questi ultimi sono di solito utilizzati per decorazioni, farciture, ripieni, glassature, ecc); solo il prodotto che risponde a determinate caratteristiche può fregiarsi della denominazione riservata. Per esempio, dunque, prodotti vegani che non hanno tali caratteristiche non possono essere chiamati panettone o pandoro; qualunque modifica fatta alla ricetta classica deve essere sempre indicata in etichetta, accanto alla denominazione riservata (ad esempio pandoro con gocce di cioccolato farcito alla crema, panettone senza canditi o savoiardi al caffè) in modo che il consumatore possa scegliere consapevolmente che tipo di dolce acquistare. Sul versante sicurezza, e in particolare per ciò che concerne gli aspetti igienico-sanitari, è inoltre bene sapere che ogni fase di lavorazione dell’intero ciclo produttivo è controllata dalle industrie dolciarie che devono verificarne la conformità a quanto previsto nelle Linee guida definite nel Manuale di corretta prassi igienica e haccp (analisi dei rischi e controllo dei punti critici). Nonostante quanto stabilito dal disciplinare di produzione, c’era il rischio che alcuni produttori disonesti, pur non utilizzando le denominazioni riservate, imitassero nella forma e nelle modalità di presentazione i dolci tipici alterandone però le ricette originali e dunque ingannando il consumatore. Ecco allora che il ministero dello Sviluppo Economico ha emanato anche una circolare del 3 dicembre 2009, precisando che sono “da ritenere ingannevoli e potenziale fonte di concorrenza sleale le modalità di presentazione dei prodotti di imitazione che richiamano in maniera inequivocabile i lievitati classici di ricorrenza (forma del prodotto, forma della confezione, immagine) e che si distinguono da essi solo per il fatto di utilizzare, in maniera poco evidente (fondo della scatola, caratteri piccoli, ecc.) denominazioni alternative”. Inoltre, sono ingannevoli le modalità di commercializzazione se “nei punti vendita le due categorie di prodotti (originali e di imitazione) sono posti gli uni accanto agli altri, confondendo i consumatori e arrecando illecita concorrenza agli operatori corretti”. Basti pensare, ad esempio, a produttori che utilizzano ingredienti di minor pregio come la più economica margarina al posto del burro: in questi casi dovranno impiegare la denominazione “dolce da forno” o altri nomi di fantasia e il prodotto non potrà essere posto accanto ai dolci tipici. Per essere sicuri di acquistare un prodotto tipico, è quindi bene leggere con molta attenzione le etichette dei prodotti, etichette che devono riportare le seguenti informazioni: denominazione riservata (es: panettone, pandoro); descrizione del prodotto; lista degli ingredienti (elencati in ordine decrescente rispetto alla quantità presente); nome e indirizzo del produttore/confezionatore/venditore; data di scadenza; quantità del prodotto al netto dell’imballaggio. Inoltre, è bene ricordare che nel caso di prodotti a rapida deperibilità (come panettone farcito ad esempio con ricotta fresca) è necessario controllare che sia presente la data di scadenza (da consumare entro il…) e non il termine minimo di conservazione (da consumarsi preferibilmente entro…). Nonostante il legislatore sia intervenuto per disciplinare il settore, esiste purtroppo il fenomeno della contraffazione alimentare. Si tratta però frodi soggette a sanzioni da parte degli organi di controllo. Peraltro, le aziende alimentari devono fare degli autocontrolli e devono escludere dalla vendita prodotti non conformi. Ovviamente, i prodotti artigianali etichettati devono rispondere agli stessi criteri dei prodotti industriali e danno analoghe garanzie. Diversa è la produzione del panettone del fornaio o del pasticcere che prepara pochi panettoni o pandori per una clientela limitata e non mette etichette. In questo caso il cliente non ha la possibilità di controllare gli ingredienti e vale il suo rapporto di fiducia con l’artigiano. Per questo, nel caso si scelgano prodotti artigianali, è bene rivolgersi ai rivenditori di fiducia. Un aspetto da considerare è lo shrinkflation. Si tratta di un processo per cui le dimensioni dei prodotti appaiono ridotte mantenendo però sostanzialmente i prezzi invariati se non, addirittura, aumentandoli. Le tecnologie sempre più sofisticate del packaging, sommate alla necessità diffusa di far cassa in anni di crisi economica da parte di molte aziende, hanno prodotto un restringimento generale di ciò che acquistiamo. Tutto ciò avviene sotto lo sguardo spesso inconsapevole del consumatore, il quale nel momento in cui acquista un prodotto difficilmente si chiede che dimensioni aveva la confezione di quello specifico prodotto uno o due anni fa. E ovviamente la shrinkflation è un fenomeno che può colpire anche Panettoni e Pandori. Possiamo però dire che se le aziende fanno prodotti di minore peso quest’ultimo deve essere indicato in etichetta e quindi il consumatore, per autotutelarsi, può calcolare il prezzo al Kg. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)