Peppino Impastato, 45 anni fa l’omicidio del giornalista antimafia
(Adnkronos) – "La mafia è una montagna di merda". Peppino Impastato lo gridava forte e senza paura dai microfoni di 'Radio Aut' sfidando e sbeffeggiando con ironia, informazione e cultura il potere mafioso che nella sua Cinisi, a 'cento passi' da casa sua, aveva il volto del boss Tano Badalamenti che il 9 maggio 1978, quando tutti i riflettori erano puntati su Roma per il ritrovamento, in via Caetani, del corpo senza vita del presidente Dc Aldo Moro, ne ha ordinato l'omicidio. "A 45 anni dalla sua scomparsa, la figura del giornalista e attivista Peppino Impastato continua a rappresentare un simbolo e un esempio di ribellione e lotta ai condizionamenti della mafia", ha scandito oggi il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla. "Ha portato avanti una rivoluzione culturale, parlando apertamente di mafia in un territorio in cui c’era paura anche solo a nominarla. Il mio pensiero – aggiunge Lagalla – oggi va a Peppino Impastato e ai suoi familiari che, dopo la sua uccisione non si sono mai stancati di lottare per trovare la verità su quell’agguato mafioso di 45 anni fa". A ricordare il giornalista anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto: "Aldo Moro e Peppino Impastato accomunati dalla tragica uccisione nella stessa data. Di loro – scrive su Twitter – ricordiamo caratura morale e grande coraggio. Nel giorno della memoria per le vittime del terrorismo il nostro pensiero va anche a chi non si è mai piegato davanti alla mafia". Dal sindacato è il leader Cisl Luigi Sbarra a ricordare la battaglia di Peppino. "Oggi ricordiamo le vittime del terrorismo e della mafia come Aldo Moro e Peppino Impastato, barbaramente assassinati quarantacinque anni fa. Non bisogna mai dimenticare il sacrificio dei tanti martiri della libertà e del progresso civile, sociale, economico". Tuttavia, dalla Cgil Sicilia, il segretario generale Alfio Mannino mette in guardia dal rischio di commemorazioni vuote. "Assistiamo oggi a un calo di tensione nella lotta contro la mafia. Si varano provvedimenti come quelli sugli appalti che allargano le maglie della discrezionalità, la pubblicistica – denuncia Mannino – privilegia il gossip piuttosto che la ricerca della verità su complicità e collusioni, viene riabilitato un ceto politico che per quanto abbia scontato i suoi debiti con la giustizia non può tornare illibato. E’ come se Peppino Impastato e Giovanni Falcone fossero morti invano. L’attuale clima ci preoccupa, la mafia è entrata in tanti settori economici, dai rifiuti alla sanità, anche grazie a un ceto politico se non colluso compiacente". Mannino sottolinea "la necessità di una Sicilia libera dai condizionamenti mafiosi in economia, nel lavoro e nelle istituzioni. Libera dal malaffare che la sta strozzando e che le impedisce di progettare il proprio futuro. Il tempo di Pio La Torre, Impastato, Falcone è ora, è ora che dobbiamo mobilitarci e la Cgil è pronta a organizzare questa lotta. Come Impastato vogliamo che la bellezza della nostra terra e dei giovani sconfigga la misera di chi lucra e affama il popolo". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)