Putin e giustizia, le troppe parole di Berlusconi sulla strada del governo
Una serie di smentite. Con la stessa rapidità con cui Silvio Berlusconi sta spendendo parole, troppe, sulla strada che porta alla formazione del nuovo governo Meloni. Quelle sulla poltrona della giustizia già assegnata a Elisabetta Caselllati, e sulla lista dei ministri di Forza Italia già confezionata. E quelle sui rapporti riallacciati con Putin.Due fronti diversi e due potenziali crisi. Negli equilibri interni alla maggioranza e nel posizionamento internazionale di un governo che ancora non c’è. Quando Berlusconi si riferisce “alla signora Meloni” e quando ricorda che “il suo uomo lavora per Mediaset” usa espressioni poco eleganti che arrivano direttamente da un’altra epoca. Quando però liquida, come fosse chiusa a suo vantaggio, la partita dei ministri fa uno sgarbo istituzionale prima al prossimo premier e poi al Capo dello Stato. E quando si lascia andare al racconto di un nuovo afflato putiniano, difficile da derubricare a storiella in presenza di un audio, rischia di compromettere la faticosa costruzione, o ricostruzione, di una reputazione internazionale. Altre parole, quelle dei presidenti di Camera e Senato, contribuiscono a complicare il quadro. Ignazio La Russa prima smentisce che Casellati sia già ministro della Giustizia e poi prova a ridimensionare la gaffe diplomatica del Cavaliere: “Al di là delle frasi in libertà dette ai suoi, non pubbliche, e mi vorrei interrogare su chi le fa uscire, alla fine sono convinto che non ci sa alcuna sbandata”, da parte di Silvio Berlusconi su Putin. Quelle di Lorenzo Fontana aggiungono problemi ai problemi. “Bisogna fare attenzione alle sanzioni: potrebbero essere un boomerang. Loro, la Russia erano preparati da tempo, noi in Europa no”. Berlusconi riallaccia i rapporti con Putin e Fontana, quindi Matteo Salvini per interposta persona, torna a mettere in discussione le scelte del fronte occidentale. Ce n’è abbastanza per determinare un cortocircuito. Per ora fatto di troppe parole.