Svelato il manifesto del 65° Festival dei Popoli

(Adnkronos) – Una donna si aggira per le vie di Firenze: è un'esploratrice che arriva da un luogo lontano e si fa incontro al pubblico del festival. Chi è e da dove viene? Quale messaggio porta con sé? È la protagonista del manifesto del 65° edizione del Festival dei Popoli – il festival internazionale di cinema documentario più antico in Europa, dal 2 al 10 novembre a Firenze – una pioniera dal futuro, un’innovatrice che percorre le strade di una Firenze tanto reale quanto immaginaria. La parola al cinema per immaginare nuovi futuri possibili, con lo sguardo sulle complessità del mondo e i piedi ben saldi nel presente, da dove costruire il domani. La rassegna ha la direzione artistica di Alessandro Stellino, quella organizzativa di Claudia Maci, la presidenza di Roberto Ferrari. "Sarà un’edizione molto politica – ha dichiarato il direttore artistico Stellino – e d’altra parte con tutto quello che sta succedendo intorno a noi non potrebbe essere altrimenti. Regna un’atmosfera cupa ed è compito del cinema, in particolare documentario, testimoniare di quanto accade, rendere conto delle tensioni che infiammano tanti territori e di quelle che soggiacciono, per portarle allo scoperto. Non è tempo di immagini rassicuranti, anche solo nei confronti della nostra coscienza: un festival come questo deve far riflettere e nutrire il dibattito, lo scambio, fare luce sulle contraddizioni e contribuire ad accelerare il processo di consapevolezza. L’esploratrice che campeggia nel nostro manifesto arriva da un luogo lontano e porta a Firenze la cognizione che le immagini, se anche non cambieranno il mondo, possono aiutare a comprenderlo meglio". Il Festival ha sempre osservato con spirito critico cosa accade nel mondo, nella volontà di analizzare la realtà attraverso la lente politica del documentario e con gli occhi puntati su quello che verrà: il manifesto ha quest’anno per protagonista una donna perché rilevante è la componente femminile in programma, con oltre la metà dei film proposti girati da donne, tematiche che approfondiscono e ribaltano pregiudizi e violenze di genere.  Al di là delle sezioni tematiche e dei film in concorso, tra i temi che – come quello femminile – creano dei fili rossi da seguire lungo i nove giorni di festival troviamo la guerra a Gaza, le migrazioni e il razzismo, il suprematismo bianco in seno al populismo nazionalista, lo sfruttamento sul lavoro, il neocolonialismo e storie di decolonizzazione, anche a suon di musica. Si comincia con la prima italiana di “Limits of Europe” di Apolena Rychlíková – in collaborazione con Oxfam Italia (in anticipazione di festival, il 26 ottobre alle 20 al cinema La Compagnia) – che racconta l’inchiesta sotto copertura e in prima persona della giornalista ceca Saša Uhlová sulla vita delle lavoratrici migranti nell’Europa occidentale, facendo emergere la forte disparità delle condizioni di lavoro e rivelando l’esistenza di una sorta di “cortina di ferro salariale”.  A oltre un anno dall’inizio delle ostilità nei territori palestinesi e israeliani, arriva al festival in prima mondiale “To Gaza” di Catherine Libert, Fred Piet e Hana Al Bayaty (03/11, cinema La Compagnia, ore 21.30): le immagini mostrano il genocidio in corso e la resilienza degli sfollati, da Gaza City a Rafah, tra distruzione, sofferenza e sopravvivenza nei campi profughi, e le poesie di Refaat Alarer, morto sotto le bombe il 7 dicembre. Conduce negli Stati Uniti “Homegrown” di Michael Premo (04/11, cinema La Compagnia, ore 21.30), quando nel gennaio 2021 i sostenitori di Donald Trump assaltarono Capitol Hill, in un film che è anche il racconto di un paese sull’orlo di una guerra civile, proprio mentre avvengono le nuove elezioni presidenziali.  Arriva in prima italiana anche “Save Our Souls” di Jean-Baptiste Bonnet (07/11, cinema La Compagnia, ore 21.30) che ha passato settimane a bordo della nave ambulanza noleggiata da SOS Méditerranée, attiva dal 2016 nel salvataggio di quasi 40.000 persone: sarà un ritratto di questo spazio ristretto, capace di decifrare le questioni politiche e umane in gioco durante il periodo di sospensione alle porte dell'Europa, prima dello sbarco. Di nuove e antiche colonizzazioni parla il Festival presentando “Made in Ethiopia” di Xinyan Yu e Max Duncan (08/11, cinema Astra, ore 20.30), lungometraggio girato nell’arco di quattro anni che solleva il sipario sull'impatto storico degli investimenti cinesi in Africa e dell’impatto su popolazione e ambiente, e “Dahomey” dell'acclamata regista Mati Diop (09/11, cinema La Compagnia, ore 18.30), Orso d’Oro alla Berlinale 2024, opera d'arte poetica e coinvolgente che analizza prospettive reali su questioni di vasta portata che riguardano l'appropriazione e la restituzione degli artefatti museali, ambientato nel novembre del 2021, quando 26 tesori originari del Regno del Dahomey lasciarono Parigi per tornare nel loro Paese d'origine: l’attuale Repubblica del Benin. O ancora, “Soundtrack to a Coup d’Etat” di Johan Grimonprez (10/11, cinema La Compagnia, ore 15), ottovolante storico che riscrive un episodio cruciale della Guerra Fredda: l’assassinio del leader Patrice Lubumba e il colpo di stato in Congo, con Louis Armstrong e altri jazzisti in veste di inconsapevoli ambasciatori, magistrale racconto a più voci e a ritmo sincopato su come è stata minata l’autodeterminazione africana negli anni ’60. Infine, la prima italiana di “Daughter of Ghengis” di Kristoffer Juel Poulsen e Christian Als (04/11, cinema Astra, ore 19), che ci porta in Mongolia dove Gerel Byamba combatte per l’uguaglianza delle donne e allo stesso tempo veste i panni di un’indignata vendicatrice incappucciata a capo di un’organizzazione ultranazionalista che si oppone alla mescolanza delle razze. Il programma sarà come di consueto diviso in: Concorso internazionale e Concorso italiano per i lungometraggi, mentre ai corti e mediometraggi sarà dedicata la nuova sezione Discoveries, per i lavori di registi e registe da tutto il mondo alle prese con la sperimentazione delle forme; in Doc Highlights i film di grande risonanza internazionale e poi le sezioni Habitat, dedicata all’ambiente e ai temi della sostenibilità e dei diritti umani; Let the Music Play per i documentari musicali, Kids and Teens per i più giovani e il Future Camp, con le sorprendenti opere provenienti dalle migliori scuole di cinema di tutta Europa. Non ultimi gli omaggi al cinema d’autore, con la prima retrospettiva italiana dedicata alla regista ungherese Judit Elek e la selezione di opere mai viste in Italia del catalano Albert Serra (Pardo d’oro a Locarno nel 2013 e Concha d’Oro a San Sebastian 2024). La 65° edizione del Festival dei Popoli è realizzata con il contributo di Europa Creativa Media, MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Regione Toscana, Comune di Firenze, Fondazione Sistema Toscana, Fondazione CR Firenze, Calliope Arts Foundation e Publiacqua. —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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